Il contratto di cessione d’azienda ha per oggetto l’azienda così come definita dall’art. 2555 del cod.civ. vale a dire come “il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa” ove nel complesso di beni si annoverano non soltanto i beni materiali e immateriali di cui l’imprenditore dispone, ma tutti quei rapporti, diritti, obblighi e situazioni giuridiche inerenti all’attività (in tal senso l’azienda è definita come universalità di diritto). Tuttavia l’alienazione, complessiva o solo parziale di singoli beni, non sempre configura una cessione di azienda potendosi invece realizzare una semplice sommatoria di beni ceduti; nella cessione d’azienda è necessario che i beni ceduti costituiscano un complesso organico tra loro legati da un nesso funzionale, o “organizzazione”, idoneo allo svolgimento di un’attività di impresa. La cessione di un ramo d’azienda riguarda il trasferimento di tutti quegli elementi tra loro funzionalmente connessi dotati di autonomia organizzativa, relativi ad un singolo settore di attività dell’impresa.

Il contratto di cessione d’azienda richiede la forma scritta soltanto a fini probatori, indipendentemente dalla presenza di beni immobili o beni mobili registrati. Tuttavia viene redatto con atto notarile per poter assolvere alla iscrizione entro 30 giorni (art. 2196 cod.civ.) nel Registro delle Imprese.

Diretta conseguenza del trasferimento dell’azienda è il subentro in capo all’acquirente di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, non di carattere personale, pendenti alla data dell’alienazione (art. 2558 cod.civ.). Tuttavia il creditore/debitore ceduto con l’azienda può esercitare il diritto di recesso entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento se sussiste una giusta causa.

Le medesime considerazioni in tema di affitto d’azienda si producono in ordine ai rapporti di lavoro subordinato nel caso di trasferimento d’azienda o di un ramo di essa. Così la cessione  d’azienda non costituisce titolo per il licenziamento; se il trasferimento si verifica in imprese che occupano più di 15 dipendenti, sia il cedente che il cessionario hanno l’obbligo di preventiva informazione (almeno 25 giorni prima della stipula del contratto di cessione) e consultazione delle organizzazioni sindacali. Il cessionario è tenuto a garantire gli stessi livelli retributivi e condizioni previsti dal contratto collettivo nazionale in cui si collocano. Il cedente e il cessionario sono obbligati in solido per il pagamento dei crediti che il lavoratore aveva maturato al momento del trasferimento.

Poiché si produce il trasferimento automatico di tutti i rapporti giuridici pendenti, con effetto dalla data di iscrizione del trasferimento nel Registro delle Imprese, sarà necessario esplicitare chiaramente quali sono i crediti che non si intendono cedere. Il  cedente non risponde per la cessione dei crediti, del mancato pagamento del debitore ceduto; viceversa permane la sua responsabilità per la cessione dei debiti se non risulta che il terzo creditore abbia espressamente acconsentito alla sua liberazione (art. 2560 c. 1 cod.civ.). Ilc.2 dell’art. 2560 cod.civ.prevede poi che se i debiti risultano dai libri contabili obbligatori, ne risponde anche l’acquirente dell’azienda.

Anche in tema di contratto di cessione d’azienda trova applicazione il divieto di concorrenza(art. 2557 cod.civ.) in base al quale al cedente è inibito, per un periodo non superiore a cinque anni dalla stipulazione del contratto, l’inizio di una nuova impresa che per oggetto, ubicazione o altre circostanze possano sviare la clientela dell’azienda ceduta. È possibile estendere il contenuto del divieto di concorrenza, purché non ne discenda una impossibilità di fatto ad esercitare un’attività di carattere imprenditoriale da parte del cedente.

Le imposte indirette nel contratto di cessione d’azienda

In base all’art. 2 c. 3 lett. b) DPR 633/72non sono considerate cessioni di beni le cessioni e i conferimenti in società o altri enti, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni, che hanno per oggetto aziende o rami di aziende. Si tratta dunque di un’operazione esclusa dal campo di applicazione dell’IVA. In base al principio di alternatività l’operazione è soggetta ad imposta di registro. Nel caso in cui si ravvisi invece non una cessione d’azienda o di un ramo di essa, bensì una vendita di beni singoli, sarà applicabile l’imposta sul valore aggiunto. È importante identificare esattamente il tipo di operazione. L’Amministrazione Finanziaria in diverse risoluzioni (nonché varie sentenze della giurisprudenza) ha più volte asserito che è l’esatta qualifica giuridica dei contratti di cessione d’azienda ad indicarne la tassazione: in tal senso si ha cessione di azienda, o di ramo di azienda, ogni qual volta si cedono beni che costituiscono un complesso organizzato, legati da quel nesso funzionale che, anche solo potenzialmente, li rende idonei alla continuazione dell’attività imprenditoriale. Non rileva la circostanza che i singoli beni siano stati ceduti con più atti separati o con un atto unitario, come non rileva il fatto che l’azienda ceduta fosse attiva ed operativa al momento della stipula del contratto, o che l’acquirente fosse munito delle autorizzazioni necessarie per l’esercizio dell’attività al momento del contratto. Una non corretta qualificazione dell’operazione può condurre a conseguenze rilevanti in tema non solo di sanzioni o interessi da versare, ma soprattutto di recupero dell’imposta di registro non versata e di recupero dell’IVA detratta dall’acquirente in quanto applicata sulle fatture di cessione dei beni, ma che non poteva essere detratta poiché afferente, ai sensi dell’art. 19 c. 2 DPR 633/72, ad operazione non soggetta all’imposta sul valore aggiunto.

Il contratto di cessione d’azienda deve essere obbligatoriamente registrato entro 20 giorni dalla stipulazione presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate, con versamento della relativa imposta di registro. Occorre indicare il prezzo di cessione, precisando qual è la parte imputata ai singoli beni dell'azienda e quella derivante da avviamento. Tuttavia gli uffici dell’Agenzia potranno rettificare l’importo di riferimento sull’assunto che la base imponibile è data dal valore corrente dell’azienda, non sempre coincidente con il prezzo pattuito tra le parti. Numerose sentenze giurisprudenziali (ad esempio la sentenza della Cassazione n. 19830 del 18/07/2008) collimano con l’impostazione assunta dagli uffici dell’Agenzia delle Entrate, confermando la possibilità di procedere in via induttiva. Spetta al contribuente superare, eventualmente, la presunzione di corrispondenza al prezzo incassato con il valore di mercato accertato in sede di applicazione dell’imposta di registro. L’imposta di registro si applica  con l’aliquota del 3% (con un minimo di 200 euro) fatte salve le diverse aliquote previste in base ai diversi beni di cui la cessione si compone (ad esempio ove vi sia la presenza di immobili); obbligati al versamento sono entrambi i soggetti partecipanti alla cessione in solido fra loro, anche se nella prassi si suole attribuire l’onere in capo al soggetto acquirente.

Se il contratto di cessione d’azienda o di un ramo di azienda prevede il trasferimento di beni immobili è necessaria la relativa trascrizione nei registri immobiliari con conseguente versamento delle imposte ipotecarie e catastali, commisurate al valore degli immobili dichiarati ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro.

Le imposte dirette nel contratto di cessione d’azienda

Dal raffronto tra il prezzo di cessione convenuto, al netto degli oneri accessori diretti (ad esempio le spese per la consulenza, gli onorari notarili, ecc…) ed il valore netto fiscalmente riconosciuto di tutti i beni trasferiti, può scaturire una plusvalenza o una minusvalenza, regolate rispettivamente, dagli artt. 86 c. 2 e101 c. 1 del DRP 917/1986. Nel caso in cui il prezzo di cessione sia costituito da beni da attribuire in permuta, la plusvalenza sarà generata da un eventuale conguaglio in denaro, a condizione che i beni ricevuti vengano iscritti in contabilità allo stesso valore per il quale vengono attribuiti. Nel valore della plusvalenza o della minusvalenza è compreso il valore di avviamento positivo (goodwill) o negativo (badwill), nonché il valore delle merci in magazzino, che se ceduti autonomamente avrebbero generato ricavi e non plusvalenze.

La plusvalenza e la minusvalenza sono escluse dalla base imponibile IRAP, mentre concorrono alla formazione del reddito di impresa ai fini IRPEF o IRES. In quanto tale, vengono rispettati i principi di competenza propri della determinazione del reddito di impresa: pertanto si avrà un plusvalenza (o minusvalenza) alla data di stipulazione dell’atto, indipendentemente dalla effettiva percezione o pagamento del prezzo. Tuttavia la plusvalenza generata in capo al soggetto che cede l’unica azienda costituisce reddito diverso da tassare sulla base del principio di cassa